giovedì 13 novembre 2008

dalla Prefazione di Mimmo Liguoro

Far uscire la conoscenza delle ville storiche napoletane dal chiuso delle trattazioni accademiche per segnalare aspetti meno noti della vita e della storia di Napoli e prendere campo contro l’indifferenza verso le opere d’arte sul territorio - vizio che indica un pericoloso deficit di coscienza del proprio passato e apre la via a un progressivo degrado civile -, sono questi gli intenti dichiarati di un libro che apre il sipario sul vasto e ricco scenario degli insediamenti storici urbani, in luoghi che la natura rese affascinanti dal tempo dei tempi.

Già una intenzione di questo timbro, sciolta in una meticolosa ricerca sul terreno, vasto e articolato, che va da Posillipo al Miglio d’Oro, può costituire una forte calamita di lettura. Ma a tutto questo si aggiunge (e lo si scopre pagina dopo pagina) un effetto sorprendente. L’indagine ricognitiva a mano a mano prende altre forme, si tramuta in una narrazione a mosaico, conducendo il lettore attraverso sentieri che portano al senso della storia. La storia di Napoli, lunga, aggrovigliata e drammatica, riflessa nei segni architettonici lasciati lungo il correre dei secoli dagli esponenti dei ceti dominanti, che nel costruire ville, giardini, palazzi a mare o in collina, intendevano dar conto del proprio status e godere delle ‘delizie’ naturali, facendo nello stesso tempo del luogo geografico - la città tra golfo, colline e presenze vulcaniche - un luogo storico, dalle vicende complesse e intricate. Leggibili oggi anche attraverso le costruzioni, ville gentilizie o masserie di campagna, che si inserivano nel paesaggio.
Nel cuore della città greca, romana, bizantina, normanna, aragonese, angioina, spagnola, borbonica, italiana, fermentava la vita agra di una popolazione in precarietà perenne. Sulle coste e sotto i pini trascorreva l’esistenza di nobili, aristocratici, grandi funzionari, intellettuali di rango. Secolo dopo secolo, una fase storica dopo l’altra. Segno plastico di quella divisione urbanistica e umana (le due Napoli) che segna le vicende della città con l’immobilità di un Giano bifronte.
Parlano le pietre, i ruderi, i resti delle costruzioni di pregio disseminate lungo le dorsali di Napoli, così come parlano palazzi e antiche case del centro storico. E comunicano discorsi eloquenti, che sarebbe criminoso cancellare o deturpare: la storia va interpretata e custodita per guardare al futuro.
Il numero delle residenze catalogate (quelle ancora esistenti, quelle ridotte a poca cosa, e quelle cancellate dal tempo o dalle speculazioni) e’ cospicuo. Può bastare a far comprendere quanto Napoli sia stata inserita, nel tempo, in un flusso di rapporti civili ed economici che la resero importante e anche ricercata da un numero molto alto di stranieri che la eleggevano a seconda patria. Una lunga storia che comincia in epoca greco-romana (basti dire Virgilio, Pollione con le sue ville, Lucullo con i suoi sfarzi). Da punta Campanella a Capo Miseno - scrisse Strabone - e’ tutto un susseguirsi di ville. In tante son finite in fondo al mare, a causa del bradisismo. Ville rustiche, legate al lavoro nei campi, e ville ‘di delizie’. Ma la storia non è statica.
La zona di Posillipo, amata dai romani, fu abbandonata nei secoli successivi, per essere poi riscoperta e riamata nel Seicento. In epoca rinascimentale, i valori correnti di armonia e bellezza si tradussero nella concezione urbanistica di una città ricca di verde, giardini e orti. Per gli investimenti economici c’erano le ‘fattorie’; per abitazione e svago di regnanti, nobili e ricchi si costruivano ville secondo l’archetipo romano.
Il libro di Yvonne Carbonaro, a cui ha collaborato il giovane Luigi Cosenza, punta la sua lente sulle direttrici della ‘vita in villa’: la fascia costiera di Chiaia, la costa orientale verso il Vesuvio dopo la costruzione della Reggia di Portici, il territorio di Capodimonte, la collina del Vomero. Nel centro, palazzi di nobili e abitazioni restrittive per il ‘popolo basso’.
A ogni epoca la sua porzione di territorio da edificare. I proprietari delle Ville si orientavano in base alle scelte generali, condizionate dalle decisioni dei regnanti. A seconda dei luoghi di insediamento della famiglia reale un sito veniva valorizzato, un altro lasciato.
E sul filo di questa storia urbanistica le storie di uomini e donne trovavano collocazione ambientale ... (continua)

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